Turismo culturale: i dati e le tendenze a tourismA

Mara Manente direttrice Ciset al convegno Fare turismo culturale oggi a toursimA 2020

I dati e le tendenze del turismo culturale presentati in anteprima da Ciset a tourismA – Salone internazionale dell’archeologia e del turismo culturale durante il terzo convegno “Fare turismo culturale oggi. Innovazione e best practice per gli operatori”. Protagonisti il turismo dell’intangibile e le esperienze ricercate dai turisti: opportunità per dare valore a un patrimonio immenso tutto da promuovere.

 

Ciset protagonista anche quest’anno a tourismA, il salone dell’archeologia e del turismo culturale che dal 21 al 23 febbraio ha animato il Palazzo dei Congressi di Firenze con circa cento espositori (tra cui significative presenze straniere) e le principali realtà di casa nostra che hanno proposto itinerari pensati per un pubblico attento non solo al “dove” ma al “come” si viaggia. Come sempre il terzo convegno “Fare turismo culturale oggi. Innovazione e best practice per gli operatori” organizzato da Mark PR con la collaborazione scientifica di Ciset – Centro internazionale di studi sull’economia turistica dell’Università Ca’ Foscari Venezia è stato dedicato al turismo culturale, in particolare al ‘turismo dell’intangibile’, definizione con la quale si intendono tutte quelle esperienze che permettono al visitatore di godere del patrimonio culturale che non si vede, ma che è parte integrante del territorio e delle destinazioni.

Il talk ha concentrato l’attenzione su come dare valore al patrimonio non fisico, cioè al turismo letterario, a quello legato alla musica, alla valorizzazione del know how artigiano e i tipi specifici di canto e danza, nonché di come costruire prodotti turistici attorno ad essi e di come catturare i turisti alla ricerca di esperienze. Sono stati presentati casi internazionali e italiani e i risultati di ricerca e alcune buone pratiche dai referenti Ciset Mara Manente, direttrice, Federica Montaguti, ricercatrice senior, e Sabrina Meneghello. Tanti gli ospiti che hanno racconto le loro attività nel campo del turismo intangibile. Tra essi, viadelcampo29rosso, l’associazione genovese con bottega che progetta percorsi guidati nella città ligure alla ricerca dei luoghi e delle suggestioni evocate dai grandi cantautori e poeti genovesi; Carmen Gurinov con la sua associazione ‘Viaggiatori curiosi’ nel padovano accompagna i turisti alla riscoperta dei mestieri dell’acqua; Solimano Pontarollo di Casa Shakespeare di Verona che ha raccontato come la promozione del territorio può passare attraverso la realtà e la fiction che si intrecciano, portando come contributo la trasformazione di Verona per il mito shakespeariano e la proposta della nuova tecnologia al servizio del territorio con lo Shakespeare Interactive Museum; Elena Rocco, ideatrice e fondatrice di Radio Magica, che ha introdotto le mappe parlanti, parte di un progetto di valorizzazione basato sul design for all. Infine, Elisa Meglioli e Yuki d’Emilia, borsiste di ricerca Ciset, hanno evidenziato quanto sono importanti savoir faire, feste e tradizioni per il segmento, sempre in crescita, dei turisti esperienziali.

Esperienze e storie per valorizzare il patrimonio che non si vede

La scelta di puntare il riflettore sul patrimonio invisibile è stata dettata, da un lato, dal fatto che diverse destinazioni a livello internazionale stanno crescendo proprio in relazione a forme di turismo culturale prevalentemente legate ad aspetti intangibili della cultura; dall’altra, da una domanda turistica che richiede un sempre maggior coinvolgimento, fisico ed emotivo, con la destinazione e la sua comunità, costituendo quindi un’opportunità importante per tradizioni, artigianato e know how, storie e letteratura. Infine, valorizzare un patrimonio di grande rilievo e per cui c’è già un riconoscimento (ad esempio il cosiddetto “stile di vita” italiano) diventa ancor più essenziale a fronte di un sightseeing che rimane un asset essenziale, ma che continua a rimanere accentrato su pochi attrattori e destinazioni.

L’intangibile: un patrimonio spesso trascurato, ma una grande opportunità

Riscoprire e costruire esperienze intorno all’intangibile richiede innanzitutto prendere coscienza che spesso il valore si situa in aspetti intangibili e che, se c’è, a volte trova quasi spontaneamente una strada per “incarnarsi”. Vi sono innumerevoli esempi a livello internazionale, alcuni anche in Italia, in cui luoghi del paesaggio ordinario sono resi straordinari agli occhi del pubblico da narrazioni e tradizioni, fino ad arrivare alla musealizzazione. Basti pensare al turismo letterario dei luoghi (inesistenti) di Jane Austen e JK Rowling (‘Harry Potter’), al film induced tourism che ha interessato 80 milioni di turisti, peraltro molti dai Paesi emergenti (fonte TCI Research) e lanciato destinazioni prima semi-sconosciute come l’Irlanda del Nord o contribuito all’incredibile successo dell’Islanda. O ancora, in Italia il cremasco, fino al turismo degli otaku (i “maniaci”) che in Giappone vanno in pellegrinaggio sui luoghi (anche qui spesso anonimi di per sé) di manga e serie.

Se a volte l’invisibile prende forma da sé (vedi il balcone di Giulietta) tuttavia valorizzarlo a fini turistici richiede un approccio che non si trova spesso in Italia. Innanzitutto, serve un mindset che riconosca nelle “storie”, nel know how e nelle persone che ne sono depositarie delle attrazioni: come dimostrano le ricerche svolte nell’ambito del progetto SLIDES – Smart strategies for sustainable tourism in LIvely cultural DEStinations, di cui CISET è partner, in Italia solo di recente si è iniziato a riconoscere i ‘maestri artigiani’ e siamo ancora lontani da albi del patrimonio intangibile che sono invece già riconosciuti in molti altri Paesi, non solo europei. Sviluppare turismo intorno all’intangibile richiede poi, come mostrano diversi casi, che il settore turistico si proietti verso imprese e attività che sono finora rimaste alla periferia del radar: arti performative (finora incluse solo per alcuni aspetti), artigianato, agricoltura per gli aspetti di know how e tipicità (non di ricettività), industrie creative e culturali, design e manifatturiero, non solo hanno limitate relazioni con il turismo, ma non sono abituate a considerare i turisti come domanda e opportunità o non sanno come interagirvi, se non per alcuni aspetti di musealizzazione.

Dare un’opportunità all’intangibile richiederà quindi uno sforzo di allargamento delle reti e di cambio di prospettiva notevole dell’industria turistica, ma è un cambio di passo fondamentale per intercettare i nuovi turisti culturali che vogliono coinvolgimento, comunità e che si può dire quasi rifiutino i circuiti turistici consolidati, anche per differenziare un turismo culturale che è fondamentale ma si mostra più monolitico e meno dinamico al suo interno rispetto a quello di altri concorrenti. 

Quanto “pesa” il turismo culturale

Nel 2018 il turismo culturale consolida le sue posizioni, anche se non si ripete la straordinaria perfomance del 2017. La spesa internazionale del turismo culturale tradizionale, incentrato sul sightseeing nelle città d’arte, ha sfiorato i 16 miliardi. Questo segmento conferma il suo ruolo fondamentale, continuando a rappresentare da solo quasi il 58% del totale delle entrate per vacanza nel Bel Paese (CISET su dati Banca d’Italia). Nel 2018 mostra però un rallentamento: l’incremento circa del 2% rispetto all’anno precedente è più contenuto rispetto al +8,3% del 2017 e alle perfomance del biennio 16-17. (CISET su dati Banca d’Italia), ma dovuto a una diminuzione dei pernottamenti. La spesa pro-capite, anzi continua a crescere. A questa cifra si aggiungono 1,8 miliardi di spesa dei turisti del “paesaggio culturale”: la vacanza culturale in cui entrano anche elementi di enogastronomia, ruralità e natura continua a crescere in termini di numero di arrivi (CISET su dati Banca d’Italia).

Gli Italiani, invece, secondo l’indagine ISTAT “Viaggi e vacanze” nel 2018 avevano scelto vacanze incentrate su attività culturali per oltre il 20%, ma nel 2019 questa quota diminuisce leggermente (13,3%) a favore di vacanze di puro relax. Per la vacanza culturale comunque gli Italiani continuano a preferire andare all’estero (26% contro 13% in Italia). Stesso comportamento per le destinazioni: le città nel 2019 per la prima volta si trovano quasi ad eguagliare il mare come destinazione (in diverse combinazioni di fruizione e segmento), ma la preferenza rimane per le città estere (75,9%).

Città d’arte e grandi attrattori pigliatutto

Nonostante la diminuzione dei pernottamenti, anche nel 2018 le province di Roma, Venezia, Milano, Firenze e Napoli concentrano oltre il 46% delle entrate totali per turismo internazionale (Doria – Banca d’Italia, 2019). Gli incrementi della spesa sono compresi tra 3,5% e 7%, quindi in rallentamento rispetto alle perfomance a 2 cifre del 2017. Nonostante il rallentamento dei pernottamenti legati al sightseeing, non diminuisce la concentrazione dei flussi su pochi attrattori. Il circuito Colosseo-Foro Romano- Palatino e quello di Pompei-Ercolano nel 2018 registrano oltre 11 milioni di visitatori in 2. Più in generale, comunque, i dati MIBAC elaborati da CISET mostrano i visitatori tendano a fermarsi presso alcune grandi icone del patrimonio: i primi 5 attrattori tra musei, aree archeologiche, ecc. statali raccolgono infatti oltre il 30% degli oltre 55 milioni di visitatori. Ancora meno distribuiti gli introiti: in questo caso i primi 5 attrattori (Colosseo, Pompei, Uffizi e Accademia a Firenze e Castel Sant’Angelo) rappresentano addirittura quasi il 60% degli introiti, con Pompei e circuito del Colosseo che generano il 41%. Mentre il 2017 aveva presentato un rallentamento su questo fronte, nel 2018 la situazione ritorna quella “tipica” registrata negli anni precedenti, probabilmente anche per effetto dell’aumento del prezzo del biglietto di ingresso a Pompei.

Turisti a caccia di esperienze, coinvolgimento e luoghi nascosti

Se il turismo culturale tradizionale rimane dunque un asset di grande importanza per l’Italia, a livello internazionale soprattutto, il segmento sta evolvendo in modo rapidissimo verso prodotti che richiedono, anche per il tema culturale, un elevato livello di coinvolgimento del turista.

Questa tendenza è confermata da una recente indagine svolta da CISET nell’ambito di borse di ricerca sostenute dai progetti A.S.S.I. Azioni di Sistema per lo Sviluppo di un’offerta turistica regionale Integrata promossi dalla Regione del Veneto su fondi FSE, che voleva circoscrivere le specificità del cosiddetto “turista esperienziale” come definite però dalla domanda stessa, visto che l’offerta turistica sta iniziando ad usare il tag “esperienza” come etichetta per prodotti con caratteristiche molto diverse.

Dall’indagine è emerso che invece i turisti mostrano di avere un’idea piuttosto chiara di cosa costituisca (non costituisca) un’“esperienza”. Cosa la distingue quindi da altri tipi di attività e vacanze?  I tre attributi più importanti sono:

  1. esplorare posti nascosti, ovvero lontani dai circuiti turistici tradizionali
  2. fare qualcosa di unico, quindi che gli altri tipi di turisti non fanno
  3. conoscere le tradizioni e pertanto entrare in un contatto più diretto con la realtà locale

In Italia i turisti esperienziali cercano e preferiscono soprattutto esperienze legate a cibo e vino, seguite da arte e cultura. Natura, benessere e sport sono temi dell’esperienza prevalentemente per gli italiani, mentre gli stranieri sono attirati dall’artigianato, che quindi costituisce un’opportunità da sfruttare meglio. Da questi pochi elementi emerge chiaramente come beni intangibili quali know how, tradizioni, storie, mestieri, ecc. costituiscano risorse fondamentali per costruire questo tipo di attività ad alto coinvolgimento. Gli intervistati, infatti, citano esperienze come workshop di danze tradizionali, partecipare a corsi di cucina o pittura, affiancare chi alleva cavalli nella sua attività, ecc.

L’indagine rivela anche una diversa maturità dei mercati rispetto a questo tipo di turismo: dove infatti ben il 21% dei turisti internazionali intervistati sceglie la destinazione in funzione del tipo di esperienza che cerca e prenota quest’esperienza prima o insieme agli altri servizi (volo, struttura ricettiva, ecc.) Gli italiani invece sono così motivati solo per l’8%. Il mercato italiano sembra quindi più acerbo, ma comunque, il 35% ha considerato la possibile esperienza all’interno dei fattori di scelta della vacanza e della destinazione.

 

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Nadia Pasqual

Consulenza marketing e comunicazione a Venezia Mestre